Come saranno le città post Covid? È uno dei dibattiti più accesi da quando la pandemia ha sconvolto il mondo sanitario, con ricadute sull’economia e sulla nostra quotidianità.
C’è chi prevede lo svuotamento dei grandi centri a favore dei piccoli borghi. Si moltiplicano le notizie di piccoli comuni che vendono case a 1 euro pur di ripopolare i propri territori abbandonati e contrastare il fenomeno del degrado del patrimonio immobiliare.
Attenzione però a pensare di poter desumere un trend da poche iniziative abbastanza contestualizzate. I dati del mercato immobiliare relativi a Milano, ad esempio, non confermano la perdita di appeal rispetto alla centralità della metropoli.
Anzi: nel capoluogo lombardo le nuove abitazioni avanzano e trainano il mercato residenziale, con un ritorno auspicato ai livelli pre-pandemici già a fine anno.
Non si può tuttavia negare che l’imporsi dello smart working sarà impattante sul real estate e sugli scenari della città post Covid. Il vero punto di domanda in tal senso è: il “tele lavoro” proseguirà in modo così diffuso anche a pandemia finita o rimarrà solo un picaresco ricordo per milioni di lavoratori? Moltissime aziende sono pronte a scommettere sulla “terza via”, quella che prevede un modello ibrido: sì allo smart working, ma non esteso a tutta la settimana, così da restituire almeno in parte centralità anche agli uffici come luoghi di relazione.
In questo senso, una parola chiave della città post Covid è senza dubbio “contaminazione”: contaminazione tra spazi destinati a usi differenti. Uffici che diventano spazi urbani fruibili anche dai residenti della zona, hotel che puntano su oasi verdi in città, spazi di co-working che sconfinano nel retail.
Seguendo tale impostazione, a Milano Porta Nuova nascerà presto un nuovo Bosco Verticale: un progetto che prevede un modello di utilizzo misto tra spazi pubblici, residenziale e terziario, con ampi terrazzi verdi e un “ponte serra” della biodiversità aperto a tutti i cittadini.
Non a caso, si parla ultimamente della “città da 15 minuti”, l’idea lanciata qualche mese fa dal direttore scientifico della Sorbona di Parigi, Carlos Moreno. Di che si tratta? La città da 15 minuti è quella in cui tutti i servizi sono a disposizione dei cittadini ad una distanza massima di 15 minuti a piedi o in bicicletta. Ecologia, riduzione dell’inquinamento, risparmio di tempo e migliore qualità della vita sono solo alcuni dei capisaldi di questo nuovo concetto, subito adottato dal sindaco di Parigi e, a seguire, anche da quello di Milano.
L’idea è audace e in fondo non sembra così astratta. Molto dipenderà dall’accelerazione della mobilità sostenibile in città: aumentare il verde, le aree pedonali e le piste ciclabili è tra le priorità di diverse metropoli.
Certo è che questa pandemia, dopo i tanti sacrifici richiesti, può darci la possibilità di cambiare la qualità della nostra vita restituendoci delle città post Covid più ecologiche e più attente alle esigenze del cittadino. Una sfida importante che coinvolge real estate, retail, architettura, mobilità e sostenibilità.