Il tema delle comunità energetiche come possibile soluzione ai rincari da record dei prezzi di gas ed elettricità è sempre più al centro del dibattito pubblico. La crisi energetica e il conseguente caro-bollette acuiti dal conflitto russo-ucraino ha infatti dato impulso a nuove soluzioni in cui le parole chiave sono autoproduzione, condivisione e riconversione verde.
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Immagina di vivere in un quartiere in cui il supermercato in cui fai abitualmente la spesa, il bar dove ogni tanto fai colazione, la palestra che frequenti e il condominio in cui abiti siano aggregati in una stessa comunità che auto-produce energia elettrica tramite impianti fotovoltaici, ricondividendo e “prestando” la stessa energia a km 0 con gli edifici situati nella stessa area. Si tratta di un esempio di comunità energetica.
Vediamo insieme come funzionano e quali vantaggi apportano le cosiddette comunità energetiche rinnovabili.
Le comunità energetiche sono gruppi di autoconsumo collettivo di energia pulita e rinnovabile: cittadini privati, imprese, enti territoriali e autorità locali possono unirsi per produrre e condividere l’energia elettrica necessaria al proprio fabbisogno, prodotta localmente tramite fonti rinnovabili. Non a caso, si parla nello specifico di Comunità energetiche rinnovabili (Cer).
Il passaggio sostanziale è quindi quello da consumatori passivi, legati a un solo fornitore di energia, a consumatori attivi e produttori (prosumer). In pratica, due o più soggetti insieme producono energia, la auto-consumano, se la scambiano e, in caso di surplus, la cedono alla rete. Producendo godono di incentivi fiscali e la cessione di energia viene pagata a tariffari previsti dal Gestore dei Servizi Elettrici.
Un modello innovativo, sostenuto dall’Unione Europea, che sta pian piano emergendo anche in Italia come soluzione all’emergenza energetica, anche se si attendono i decreti attuativi per sbloccare alcuni nodi – in primis gli incentivi fiscali – che frenano il decollo di queste esperienze.
Con la delibera 318/2020 dell’ARERA e il DM 16 settembre 2020 del MiSE, si riconoscono giuridicamente le associazioni tra Cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni che decidono spontaneamente di unire le forze al fine di dotarsi di impianti per produrre e condividere energia da fonti rinnovabili.
Chiunque può partecipare ad una comunità energetica: persone fisiche (privati), piccole e medie imprese (PMI), enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali, purché la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile da parte delle imprese private non costituisca l'attività commerciale principale. In una stessa Energy Community possono dunque coesistere soggetti pubblici e privati.
Come spiega la guida Enea sulle comunità energetiche, l’autoconsumo di energia si può realizzare a livello collettivo e a livello di comunità.
L’autoconsumo collettivo è composto da una pluralità di consumatori ubicati all’interno di un edificio in cui sono presenti uno o più impianti alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili di proprietà di soggetti terzi. Il tipico esempio è quello del condominio con un impianto fotovoltaico sul tetto che fornisce elettricità alle utenze condominiali ed alle unità abitative di coloro che aderiscono.
Nella comunità energetica, invece, i soggetti che aderiscono diventano “prosumer”, ovvero producono e condividono l’energia destinata al proprio consumo con impianti alimentati da fonti rinnovabili.
Le comunità energetiche possono essere di due tipi:
1. Comunità Energetica Rinnovabile: si basa sul principio di autonomia tra i membri e sulla necessità che si trovino in prossimità degli impianti di generazione. Questa comunità può gestire l’energia in diverse forme (elettricità, calore, gas) a patto che siano generate da una fonte rinnovabile.
2. Comunità Energetica di Cittadini: non prevede i principi di autonomia e prossimità e può gestire solo l’elettricità.
Secondo il rapporto Comunità rinnovabili 2021 di Legambiente, ad oggi le comunità energetiche presenti o in corso di attivazione in Italia sono circa venti, distribuite principalmente tra Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. Tuttavia, anche a causa del caro-bollette da record, è attesa una crescita esponenziale nel prossimo futuro. Uno studio del Politecnico di Milano (Electricity Market Report) stima che entro il 2025 le energy community italiane saranno circa 40mila e coinvolgeranno circa 1,2 milioni di famiglie, 200mila uffici e 10mila PMI.
Recentemente è balzato agli onori della cronaca il caso del Monastero di Marango, una piccola comunità religiosa di monaci e monache a nord di Venezia, che si sta rendendo completamente autosufficiente ed ecosostenibile dal punto di vista energetico grazie al potenziamento di un impianto fotovoltaico. Non solo: l’impianto consentirà la condivisione dell’energia anche con gli edifici e i terreni nelle vicinanze, configurando una vera e propria comunità energetica.
Ad oggi siamo ancora comunque lontani dai numeri di Germania, Danimarca e Paesi Bassi. Il paese europeo con il maggior numero di Comunità Energetiche, secondo uno studio del Centro Comune di Ricerca dell’Unione Europea del 2020, è la Germania, con 1.750 Comunità, seguito dalla Danimarca (700) e dai Paesi Bassi (500).
In Europa, esiste una federazione delle cooperative energetiche che ne registra circa 1.900 per un totale di oltre 1,2 milioni di cittadini.
Il modello delle comunità energetiche apporta diversi vantaggi, sia a chi ne fa parte, sia indirettamente al territorio e al Paese, oltre che impattare positivamente sul climate change. Vediamo insieme i benefici delle energy communities.
1. Vantaggi economici
Un cittadino, un’impresa, un condominio o una pubblica amministrazione che sceglie di auto-consumare l’energia prodotta da un impianto fotovoltaico ha accesso a una serie di vantaggi economici:
- Risparmio in bolletta: l’energia viene prodotta a prezzi più vantaggiosi rispetto a quelli di mercato e viene auto-consumata localmente, eliminando così i costi di gestione e trasporto che vengono solitamente addebitati in bolletta dai grandi player dell’energia.
- Agevolazioni fiscali: per le iniziative di autoconsumo collettivo e di comunità energetica con potenze di impianti complessive > 20kWp, si potrà beneficiare della detrazione al 50% e di tutti gli incentivi previsti (sia quelli sull’energia condivisa che quelli sull’energia immessa in rete).
- Guadagno sull’energia prodotta: l'energia elettrica “condivisa" beneficia di un contributo economico riconosciuto dal GSE (Gestore dei Servizi Elettrici) a seguito dell'accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione. L’incentivo è riconosciuto per un periodo di 20 anni.
2. Benefici ambientali
Il modello delle comunità energetiche prevede l’esclusivo utilizzo di impianti di energia rinnovabile (fotovoltaici): dunque energia pulita a emissioni zero. Si tratta dunque di un’iniziativa in grado di dare un forte impulso alla transizione ecologica.
Considerando che, in Italia, una famiglia tipo consuma circa 2700 kWh di energia elettrica all’anno, con un impianto fotovoltaico si eviterebbero le emissioni di circa 950 kg CO2/anno corrispondenti all’attività di assorbimento di circa 95 alberi! E’ utile consultare i consumi energetici di un immobile.
3. Benefici sociali
Le comunità energetiche possono rappresentare uno strumento efficace di lotta alla povertà energetica, che negli ultimi anni ha assunto un ruolo rilevante anche in Unione Europea. Come? Sensibilizzando i consumatori, consentendo di monitorare e ottimizzare i consumi energetici individuali e consentendo l’accesso a tariffe più calmierate, permette di far sì che la spesa energetica impatti meno sul reddito complessivo delle famiglie.